Leo Fender e Jim Marshall sono due dei più grandi innovatori del mondo della chitarra, anche se non erano né chitarristi e né tantomeno sapevano suonarla. Tuttavia, questo aspetto non è l’unico che avevano in comune.
Entrambi, infatti, gestivano un negozio in cui si riparavano amplificatori e strumenti musicali e, nel periodo della Grande Depressione, si sono dovuti reinventare, anche iniziando a copiare da altri. Nel corso degli anni, i loro amplificatori hanno fatto la storia della chitarra elettrica. Vediamo quali sono state le motivazioni che hanno spinto le loro creazioni ad influire così tanto sulla “sei corde”, ascoltando esemplari di uno e dell’altro brand.
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La filosofia di Leo Fender
“Se avessi 100 dollari per creare qualcosa, ne spenderei 99 per farla funzionare bene e solo 1 per renderla attraente”
Questa era la filosofia attraverso la quale Leo Fender si approcciava alla realizzazione di tutti i prodotti, dalle chitarre agli ampli. I suoi non furono i primi ad essere prodotti ma, sicuramente, sono stati tra i primi ad ottenere un successo su larga scala, per diversi motivi.
Leo iniziò a costruire amplificatori per portare avanti la sua emittente radio amatoriale e per aprire un negozio di assistenza per apparecchiature radio.
Ai tempi tutti progettavano le loro strumentazioni partendo dagli schemi degli amplificatori radio RCA, che utilizzavano le valvole. Si tratta di un approccio che copiava qualcosa che già esisteva, rendendola adatta allo strumento.
L’esperienza maturata negli anni dal giovane Leo si caratterizzava da 4 fattori, elementi che ci aiutano a capire la sua grande visione:
Conosceva gli schemi degli amplificatori delle radio come il palmo delle sue mani e sicuramente nel suo negozio aveva a disposizione larga parte degli schemi dell’epoca come punto di riferimento.
Sapeva quali parti si rompevano più di frequente e anche quelle che resistevano di più. Quindi, era perfettamente consapevole di quali componenti evitare e quali utilizzare per garantire affidabilità ed evitare dei resi in garanzia.
Il design delle sue creazioni era sempre orientato alla facile riparazione, poiché questo era sempre stato lo scopo del suo lavoro. Non sopportava la distorsione. Per tutta la sua carriera lui ha sempre ricercato il suono pulito e lineare, uno degli obiettivi dell’amplificazione radio.
Inoltre, era anche consapevole di un altro dato di fatto: i chitarristi erano sempre più alla ricerca di un volume crescente, considerando il tipo di musica che stava spopolando in quegli anni che richiedeva sempre più potenza.
Quindi convertì l’esperienza acquisita per realizzare gli amplificatori dedicati alla chitarra elettrica, passando da un piccolo centro di riparazione ad un’attività ben più grande, anche grazie al successo dei suoi strumenti a corda.
Il suono americano di Fender
Quando si parla degli amplificatori Fender, si fa spesso riferimento al “suono americano” che si contraddistingue da alcune caratteristiche ben definite: risposta molto ampia su tutta la gamma delle frequenze, con basse profonde e una buona articolazione di tutto il range delle alte.
Un’altra particolarità del suono americano è la tendenza a rimanere pulito e intelligibile anche ad alti volumi e questo può essere attribuito alle valvole utilizzate nel finale di potenza che sono solitamente delle 6L6 e 6V6, che quindi non vanno in distorsione così facilmente come le altre.
Un amplificatore valvolare dal classico suono Fender è sicuramente il Fender Hot Rod Deluxe, uno standard dell’industria musicale con i suoi 40 watt e un cono da 12’’. Si presenta come un ampli robusto, affidabile, dal suono pulito e versatile.
Il suono Fender è entrato a far parte di dischi e palchi con artisti come Jimi Hendrix, David Gilmour, Chuck Berry, Buddy Holly, Eric Clapton, Keith Richards e tanti altri. Un ampli come l’Hot Rod è perfetto per chi ama utilizzare effetti e pedali grazie al suo headroom elevato.
In definitiva, possiamo affermare che la grandezza degli amplificatori Fender non era tanto nell’innovazione tecnica ma nella resistenza e affidabilità. Trattasi di caratteristiche di cui i competitor erano per lo più sprovvisti.
La filosofia di Jim Marshall
Tra il 1948 e il 1960, gli amplificatori Fender venivano spesso coperti con il tweed, una tipologia di cotone che è stata erroneamente chiamata tweed successivamente. Fra questi ampli in tweed c’è il Bassman, la grande fonte di ispirazione che ha portato alla nascita degli amplificatori Marshall.
Jim Marshall era un batterista professionista ma, prima ancora, un cantante che, per far sentire la sua voce sopra il suono della batteria, sfruttò le sue competenze nel mondo dell’elettronica per realizzare un sistema di amplificatore portatile.
Negli anni successivi la sua attività di batterista ed insegnante prese piede e si trovò ad insegnare a musicisti come Mitch Mitchell, il batterista di Hendrix, Micky Waller, che suonava con Little Richard e molti altri.
A partire dal 1960, aprì un negozio di strumenti musicali che vendeva batterie e chitarre nella parte ovest di Londra e che veniva frequentato da chitarristi come Ritchie Blackmore e Townshend. Furono proprio loro ad esprimere il desiderio a Jim di volere un suono più grosso e potente.
Il suono inglese di Marshall
In quegli anni, reperire amplificatori Made in USA era piuttosto complicato, sia perché erano molto costosi e sia perché era difficile trovare i diversi componenti utilizzati per produrli.
Jim Marshall assunse Dudley Craven e Ken Bran come assistenti e, utilizzando gli schermi e i componenti del Fender Bassman come base di partenza, diedero alla luce il JTM45 che Pete Townshend ribattezzò “The Marshall Sound”.
Un suono a cui spesso ci si riferisce come “inglese”, soprattutto dopo le successive creazioni di Jim, e che deriva dall’utilizzo di un tipo di valvole differenti al posto delle 6L6, ovvero le KT66 o EL34, con meno headroom, che quindi vanno in distorsione prima ma in maniera più morbida e ricca. Il suono di questi amplificatori è più compresso una volta raggiunto il
Un’altra caratteristica è la loro timbrica più sottile, spostata sulla parte medio alta dello spettro di frequenze e sicuramente in grado di tagliare il mix. I chitarristi che si sono affidati agli amplificatori Marshall sia nei loro dischi che dal vivo sono Slash, Joe Perry, Eric Clapton nel suo periodo con i Bluesbreaker, Angus Young e moltissimi altri.
Un esempio di ampli “inglese” è il Marshall Origin 20C da 20 watt, dotato di un cono da 10’’ e monocanale. Per ottenere un suono distorto sarà necessario alzare il volume e il gain in maniera tale da mandare in saturazione le valvole. Tuttavia, il controllo della riduzione di potenza, permette di farlo senza arrivare a volumi troppo elevati.
Tra le caratteristiche tipiche degli amplificatori inglesi c’è proprio quella di saturare prima e di avere meno headroom, rendendo il chitarrista meno propenso ad utilizzarli con gli effetti.
Supro e il riverbero integrato
Se sei un chitarrista che apprezza gli amplificatori con gli effetti integrati come il riverbero, Supro è un’altra azienda che ha rivoluzionato per sempre questo settore, essendo la prima realtà a mettere in commercio soluzioni con questa caratteristica.
Ad esempio, il Delta King 12, un amplificatore valvolare da 15 watt e con un cono da 12’’, si presenta con uno stile retrò degli anni ‘50 e ai suoni prodotti in quel periodo.
Gli amplificatori Supro erano delle opzioni di fascia alta, dal suono pulito, ricco di medie e dotato di un grande range dinamico. Uno dei più grandi utilizzatori è stato proprio Jimmy Page dei Led Zeppelin che nel primo album della band si rivolse proprio a questi amplificatori per accedere ad un suono differente.
Oltre a Page e alle band rock n’ roll americane degli anni ‘50, anche artisti come Bowie e i Rolling Stones hanno utilizzato gli amplificatori Supro, anche se la storia di questo brand ha origini nel 1935.
Conclusioni
Leo Fender e Jim Marshall hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica attraverso la loro straordinaria visione e dedizione sugli amplificatori, che hanno trasformato per sempre il modo in cui percepiamo il suono della chitarra elettrica.
Le creazioni di Fender hanno contribuito a definire il “suono americano” con la capacità di mantenere un suono pulito anche a volumi elevati. Caratteristica apprezzata da musicisti come Eric Clapton e Jimi Hendrix.
Marshall ha contribuito al “suono inglese” con la sua capacità di offrire un timbro caldo e una distorsione unica nel suo genere. Alcuni dei chitarristi che si sono rivolti agli amplificatori Marshall sono Slash e Angus Young.
Anche Supro, con i suoi amplificatori dagli effetti integrati, ha lasciato il segno nella storia della chitarra elettrica, influenzando musicisti come Jimmy Page e i Rolling Stones.