Una notizia che sta facendo molto rumore: DJ MAG ha aperto le votazioni per la DJ MAG Top 100 Festivals ed entro la fine del 2022 potrete trovare la classifica online anche su www.djmagitalia.com. Si tratta di una novità assoluta, che va a inserirsi nel solco delle famose classifiche della rivista, la DJ MAG Top 100 Djs e la DJ MAG Top 100 Clubs. Il fatto che la testata di riferimento mondiale per la musica elettronica, i dj, e la sfera dance, abbia deciso di aprire al pubblico, dopo una prima edizione a votazione interna nel 2019, la classifica dei migliori festival del pianeta, è inequivocabilmente un modo per sancire, se mai ce ne fosse bisogno, l’importanza che questo tipo di manifestazioni detiene oggi per il pubblico come per gli artisti, i management, le agenzie, e soprattutto le economie del settore. Ma perché proprio ora, se gli anni ’10 sono stati senza dubbio il decennio dell’ascesa dei festival e del declino dei club (con le dovute, emblematiche eccezioni)?
Il 2022 è un anno estremamente significativo per il mondo della musica. Dopo due anni di stop, mezze riaperture, ri-chiusure, di concerti a capienza limitata, con l’obbligo di posti a sedere, con le disposizioni che cambiavano di Paese in Paese e di mese in mese, con un’incertezza diffusa e lo spettro dello schianto per tantissime realtà del settore, finalmente è tornata la possibilità di poter portare la musica dal vivo, il pubblico in presenza, abbandonando così quelle soluzioni “a metà” che di fatto, non hanno mai davvero accontentato nessuno.
Non solo: nell’anno della ripartenza, club e festival hanno cercato di recuperare il terreno perduto, sulle ali dell’entusiasmo e delle necessità economiche, con effetti collaterali piuttosto evidenti. I club stanno vivendo una stagione di grossa riconfigurazione, durante la quale stanno sopravvivendo alcuni grandissimi nomi, supportati da solidi retrobottega finanziari, e dove invece altri gloriosi locali e soprattutto i medi e i piccoli sono stati spesso costretti alla chiusura o sopraffatti da una nuova generazione di intraprendenti proprietari, dj e avventori, in un ricambio generazionale necessario ma che sta lasciando sul campo diverse vittime.
I festival, invece, sembrano conoscere un’altra stagione felice, nonostante le analisi non proprio rassicuranti del post-pandemia: i grandi si sono rialzati mantenendo e in molti casi incrementando ulteriormente le presenze e le giornate (Nameless e Tomorrowland, per citare un big italiano e uno internazionale, hanno registrato presenze record); molte nuove realtà si sono affacciate sulla scena; qualcuno è andato molto bene, qualcuno benino, qualcuno ha fatto fiasco, ma è fisiologico, soprattutto in una stagione in cui l’offerta è stata esagerata, strabordante, eccessiva, e tempo e soldi non sono infiniti. Con l’aggravante dell’innalzamento dei costi e della scarsità di personale. Ciononostante, la frenesia da festival è ormai una tendenza stabile, non più l’ipotesi di un passeggero vento di novità. È un’abitudine consolidata, nelle nuove generazioni che sono nate vivendo l’esperienza dei festival (chi ha dai 18 ai 30 anni ha proprio una mentalità radicata nell’andare-al-festival come gli over 35 nell’andare-in-discoteca-il-sabato-sera) ma anche in chi, magari un poco più in là negli anni, la vive come una vacanza, trasferta+festival+relax eno-gastronomico o al mare o nella natura.
Infatti, un altro trend emerso con forza in questa estate post pandemica è quello del festival che unisce musica e natura, intersecando gioiosamente l’esperienza del concerto o del dj set con quella dell’escursione, della passeggiata, del buon cibo, della bicicletta, o anche semplicemente dello stare immersi in un luogo che sia al di fuori del contesto quotidiano urbano. E, di conseguenza, tolte alcune eccezioni di ampia scala, tutto si riduce a una dimensione più piccola, intima, da poche migliaia di persone. Una bolla rilassata e rilassante, quella del boutique festival, di nicchia ma di qualità.
Dunque, perché proprio ora una DJ MAG Top 100 Festivals? Perché i festival sono a pieno diritto lo stato dell’arte, la cartina tornasole, il termometro di ciò che avviene nell’ormai gigantesco, pachidermico mondo dei dj. Lo show business della dance è grande quanto quello dell’hip hop o del rock, ha le sue regole e la sua scala di grandezze per i dj come per tutte le figure che ci lavorano. E i club non bastano a contenere le migliaia di persone affezionate a questa musica. I festival offrono invece una fruizione meno claustrofobica, più gioiosa nell’immaginario e più vivibile negli orari. Sono il jackpot per permettere una vincita a chi organizza, a chi suona, e chi paga un biglietto. E allora, è giusto fotografare anno per anno questo trend. Alla maniera di DJ MAG, ovviamente.