di Andrea Marco Ricci
Cinque anni fa il nostro Paese ha aperto il mercato della gestione collettiva dei diritti d’autore, scardinando il monopolio legale di SIAE, a condizione che i nuovi player fossero organismi di gestione collettiva
Oggi in Italia nel mercato del diritto d’autore in campo musicale, oltre a SIAE, opera anche LEA – Liberi Editori e Autori, che gestisce il repertorio di Soundreef Ltd.
Nell’intento del legislatore, comunitario e nazionale, la liberalizzazione di questo mercato fu fatta per dare un’alternativa di scelta agli aventi diritto, così che potessero affidare alla collecting “migliore” la gestione del proprio repertorio. La liberalizzazione, al contrario di quelle fatte per i consumatori, non è stata fatta per dare un beneficio agli utilizzatori, ma agli aventi diritto. Anzi, non avrebbe dovuto comportare un aggravio di costi in licenze da diritto d’autore. A distanza di un lustro, la trasformazione del mercato da un assetto a “sportello unico” al nuovo assetto sta ancora evidenziando alcuni problemi. Nel mercato della live music, per parlare di ciò che è vicino ai musicisti, ciascuna delle due società intermedia e gestisce autonomamente unicamente il proprio repertorio. In questo nuovo assetto, per la prima volta l’organizzatore deve quindi porsi il problema di cosa viene suonato, cioè di conoscere il repertorio che verrà eseguito prima dell’esibizione, perché da questo comporta la necessità di sottoscrivere una o due licenze e fornire due programmi musicali (borderò).
Le due società hanno criteri tariffari diversi, ma in caso di utilizzo di repertorio misto sono disponibili a fare un conteggio dell’importo pro quota di utilizzo. Tutto ciò comporta un aggravio di attività burocratica (e quindi di costi interni) per l’organizzatore.
In regime di “sportello unico”, comune alla maggior parte dei Paesi europei, l’utilizzatore pagava “la musica” a un unico soggetto e non si poneva di certo altri problemi.
In linea di principio, questo nuovo assetto potrebbe comportare anche un aumento complessivo dei costi in licenze da diritto d’autore, perché ciascuna delle società operanti sul mercato è libera di proporre le proprie tariffe. Si segnala che alcuni organizzatori di concerti stanno chiedendo agli artisti di specificare chiaramente se nella loro scaletta utilizzano repertorio SIAE o LEA; addirittura, alcuni pongono come condizione all’ingaggio il fatto di utilizzare solo uno dei due repertori.
Chi ha sostenuto la liberalizzazione argomentava che il monopolio legale di SIAE fosse un limite alla diffusione della cultura. L’assetto attuale però porta alla distorsione che gli utilizzatori, liberi di scegliere quale repertorio usare, scelgano i repertori da proporre non in base a questioni di natura artistica, quanto invece a questioni legate a costi di licenza o di complessità burocratica, fatto inedito in questo specifico settore.
Il mercato non ha dunque ancora trovato un equilibrio complessivo che garantisca contemporaneamente: la libertà di scelta degli aventi diritto, una raccolta semplificata dei proventi (prima garantita dallo “sportello unico”), un valore delle licenze equo e in continuità con l’assetto precedente, l’assenza di effetti distorsivi come la rimozione dell’utilizzo di repertori.